Luisa Bocchietto
INTERVENTO
Il futuro non aspetta. Il futuro arriva come vuole lui se non lo disegni come vuoi tu!
Il mio intervento intende tralasciare di sottolineare la criticità dello stato del territorio e della città che emerge già molto bene dalla pubblicazione, che oggi viene presentata da Eco di Biella e BIellese Green.
Desidero iniziare con una frase: «Il futuro non aspetta; il futuro arriva come vuole lui, se non lo disegni come vuoi tu!»
E con un’immagine che riporta un’intervista che mi era stata fatta dieci anni fa per Federmanager e ricordata per l’occasione da un amico: già allora auspicavo più cultura e opportunità per i giovani (come vivere meglio, giovani o meno giovani in questa città con maggiore offerta di cultura, necessaria anche per attrarre e trattenere talenti).
Sulla questione giovani vorrei fare due riflessioni. La prima è che non basta coinvolgerli, paternalisticamente. Bisogna avere il coraggio di affidare loro delle responsabilità, correndo dei rischi. Per esempio, nella candidatura di VOLTERRA A CAPITALE DELLA CULTURA 2022, a cui ho partecipato, ai giovani è stato affidato il compito di scrivere il progetto.
La seconda considerazione che desidero fare è che quando ero giovane mi sentivo ripetere di stare zitta ed ascoltare i più vecchi; ora che sono più vecchia mi si dice di ascoltare i giovani e mi domando, allora, se io non mi sia persa il momento giusto per avere il diritto di dire la mia!
Tornando al tema del cambiamento necessario per uscire dalla criticità, intendo portare la mia visione di progettista, abituata a immaginare e costruire ciò che ancora non esiste.
Per costruire il futuro bisogna prima immaginarlo e poi perseguire il risultato. Ci vuole visione e capacità di realizzazione. Ci vuole anche tempo. Siamo abituati ad una società digitale dove tutto è immediato, ma invece alcuni processi richiedono fatica e pazienza.
Certo non è semplice per una città che ha sviluppato una cultura monoindustriale evolvere e cambiare. Si tende a vivere di rendita.
Cambiare, è un processo faticoso. Bisognerebbe riuscire ad applicare quell’innovazione che i Biellesi hanno saputo sapientemente applicare alla propria industria tessile anche ad altri settori; usare la stessa metodologia, applicandola a nuove situazioni. La creatività applicata spesso procede usando percorsi trasversali.
L’innovazione, si sa nelle aziende, può avvenire per piccoli progressivi passi e continui miglioramenti oppure può avvenire, anche attraverso una contaminazione esterna come con il design, per grandi e inaspettate rivoluzioni che aprono nuove prospettive.
Ecco noi siamo in un momento in cui sono necessari cambiamenti radicali.
Per cambiare e indirizzarci verso una società a maggiore creatività verso la creatività, come ha detto chi mi ha preceduto (Salvemini), è necessario essere anche tolleranti verso il diverso, saper creare condizioni accoglienti. Io questa tolleranza, accettazione non l’ho vissuta nel Biellese; in quanto non appartenente al mondo tessile, in quanto donna, ho dovuto cercarla, per affermarmi, altrove. In particolare, la bellezza, la creatività, la cultura vengono solitamente considerate come intrattenimento, come elemento non sostanziale, e non come dovrebbero ormai essere intese, cioè come reale motore economico. Vorrei quindi portare degli esempi esterni, che vadano in questa direzione, perché siano di stimolo. Possiamo copiare processi positivi, se questo ci aiuta nel percorso. Possiamo umilmente imparare.
VISIONE COME PREMESSA DI TRASFORMAZIONE
Un primo esempio è raccontare la scommessa del Sindaco di Bilbao che ha deciso di sfidare le convenzioni e puntare sull’architettura.
La CITTÀ DI BILBAO era una città portuale, in forte crisi negli anni ’80 per la riconversione obbligata dei cantieri navali, attraversata da contestazioni delle maestranze coinvolte, una città inquinata, esteticamente non attraente. Il Sindaco decise di affidare l’incarico della progettazione di un Museo al progettista Frank O’Ghery, avendo contro l’opinione di tutti, grazie al supporto ottenuto dal Governo e della Fondazione Gugghenheim.
Il museo fu inaugurato nel 1997 e da allora riscuote un successo senza interruzioni, per cui da 25 anni ormai si parla dell’«Effetto Bilbao»; una città che grazie ad una architettura e a un Sindaco visionario è passata da essere città industriale in declino a essere meta del turismo mondiale.
Un secondo esempio, vissuto personalmente.
Con la mia presidenza ADI (Associazione italiana per il Disegno Industriale) nel 2008 ci proponemmo, insieme al mio Comitato Direttivo, di ottenere una sede espositiva permanente per la COLLEZIONE STORICA DEL COMPASSO D’ORO; una collezione straordinaria raccolta in 60 anni attraverso i prodotti vincitori del Premio, che restava in un magazzino, invisibile al pubblico. Decidemmo di portare la Mostra, per la prima volta a Roma, con una grande esposizione e poi di fare uscire un articolo importante sul Corriere della Sera minacciando la città di Milano, se non dimostrava di avere interesse per questo suo patrimonio, di portare la Collezione a Roma, per sempre. Ricevemmo dieci proposte. Chiedevamo uno spazio di 1500 metri, l’assessore di Moratti al tempo, Carlo Masseroli, ce ne diede 5000, un intero stabile di archeologia industriale al centro di Milano e 5 milioni di euro per ristrutturarlo. Firmai nel 2011. Poi si promosse il concorso per allestirlo. Ho dedicato i miei due mandati a questo obiettivo preciso. Ci sono voluti poi dieci anni per realizzarlo, da parte di chi è venuto dopo, ma ora è realtà, potete trovare pubblicizzata la sua immagine e il costo dell’ingresso sul catalogo Esselunga. Però Visione, tempo, pazienza.
Spesso, le persone non si spendono per il futuro, per non regalare un successo a chi viene dopo. E’ un grave difetto che impedisce anche alla politica di costruire progetti a lungo termine, di cui teme di non riuscire a raccogliere in tempo i frutti.
Invece bisogna avere idee grandiose e il coraggio di sostenerle nel tempo.
LA CREATIVITÀ COME MOTORE ECONOMICO
Vorrei illustrare, attraverso i numeri, che la creatività è oggi riconosciuta come economia. La CITTÀ DI VALENCIA si è candidata a World Design Capital per il 2022, investendo dal 2018 in tre anni 600.000 euro verso WDO (la World Design Organization di cui sono stata Presidente nel periodo) e 9 milioni di euro a livello locale, ricavandone un ritorno nel 2022 di 34 milioni. Tutto è partito dal coinvolgimento di due persone, un designer e un imprenditore che hanno saputo coinvolgere, a loro volta, progressivamente, le istituzioni locali, nazionali, fino alla casa Reale di Spagna, per preparare un programma vincente. Hanno avuto la nomina e la mia raccomandazione a loro fu di non preoccuparsi solo di ciò che avrebbero dovuto fare nel 2022, se avessero vinto, ma piuttosto di cosa avrebbero dovuto fare dopo, alla conclusione dell’anno di eventi. La loro volontà era affermarsi come città del design in competizione con Barcellona, da sempre più conosciuta e in forte crisi politica attuale. Cosi è stato: hanno vinto, hanno realizzato 50 grandi mostre e 300 eventi, moltiplicato ogni euro investito per 5, hanno accolto nuove imprese, nuove start up, creando attrazione di giovani e scuole. Hanno raggiunto record di afflussi turistici mai avuti prima e la visibilità internazionale che desideravano attraverso tutti i media. Hanno creato ora un consiglio Municipale del Design e una Fondazione che alimenterà nuove attività
Questo è avvenuto perché hanno agito con un progetto chiaro e un obiettivo condiviso da tutti: operatori del settore, economici, istituzioni, cittadini.
IDENTITÀ COME FATTORE DI SVILUPPO
Un esempio più vicino ci arriva dalle LANGHE dove, da 60 anni, imprenditori, politici, operatori sul territorio investono con continuità sulla propria identità.
Le Langhe erano conosciute negli anni ’50 per la povertà della loro terra; il libro «La Malora» di Fenoglio ben descrive la miseria al tempo di quel territorio senza industrie, uscito impoverito dalla guerra. Eppure, oggi, è un territorio ricco, di una ricchezza diffusa, che ha saputo inventarsi un’identità riconoscibile e peculiare. La Fiera del Tartufo Bianco di Alba, creata intorno agli anni ’30 da Giacomo Morra, ha raggiunto la sua 92.a edizione e moltiplica per 20 sul territorio ogni euro investito ogni anno. L’impegno costante ha fatto delle Langhe una delle mete enogastronomiche più frequentate al mondo.
Con lo sviluppo di Slowfood e le candidature Unesco continua ad alimentare il suo cammino. La crescita del turismo è aumentata nel 202 a livelli pre-pandemia e a livello locale si continua ad investire in ricerca, comunicazione e cultura tutto l’anno.
Oggi anche chi non ha un’identità se la costruisce con il marketing, oppure c’è chi la coltiva e la fa crescere con sacrificio. Noi abbiamo una storia tessile importante alle spalle e non la sappiamo o vogliamo usare a vantaggio di tutti; ognuno per sé, ma questo non porta crescita diffusa.
L’INVESTIMENTO COME MOLTIPLICATORE D’IMPEGNO
Vorrei concludere il mio contributo con un auspicio: non vorrei più sentire dire che tutto deve costare poco, che non ci sono i soldi per fare. I soldi si cercano, i soldi si devono spendere se si vogliono raggiungere grandi risultati. Vorrei che si pensasse un po’ più in grande e si vedesse più lontano. Il mondo non termina ai margini del territorio. Gli imprenditori più attivi arrivano da fuori e riconoscono bellezza, opportunità, vantaggi.
Bisogna essere capaci di programmare, trovare finanziamenti e fare azioni decisive.
Un ultimo esempio, molto vicino è il FORTE DI BARD che ha saputo ristrutturare il proprio posizionamento come bene culturale. Non era un obiettivo semplice da raggiungere perché si trattava di un complesso costruito oneroso da mantenere e ristrutturare. Gli organizzatori si sono dotati di fondi, di un progetto culturale mirato e oggi gli investimenti continuano e attingono visitatori dai territori vicini, come il nostro, che risultano meno propositivi in termini culturali.
Grazie per l’attenzione e grazie a Eco di Biella e BIelleseGreen per l’invito.
Luisa Bocchietto
Architetto, Designer e Senator World Organization