Gilberto Pichetto Fratin

Gilberto Pichetto Fratin

Ministro dell'Ambiente e della Sicurezza energetica

INTERVENTO

Un futuro di sviluppo tra ambiente e manifattura

Grazie dell’invito, grazie per la perfetta organizzazione di Eco di Biella e grazie per aver coinvolto tutti con quello che è stato un grande lavoro di presentazione nelle ultime settimane. Il tutto partendo dal quadro anche statistico di questo territorio con «Il Biellese che non ti aspetti», ovvero la lettura di oggi per guardare al domani.
Leggendo, ti viene in mente di immaginare a cosa si poteva pensare a fine ottocento inizio novecento in questa terra di pastori: la gente pensava forse ad un manifatturiero come quello che ha caratterizzato il secolo scorso?
Probabilmente no, ma i biellesi vedevano qualcosa che nasceva e hanno avuto la capacità – i più illuminati – di cogliere l’opportunità, di cogliere l’occasione e di sviluppare quello che poi è stato il grande percorso manifatturiero che ha caratterizzato tutto il novecento biellese, un distretto che oggi ha cambiato pelle rispetto a quelle condizioni, che oggi è diventato un po’ più smilzo ma sicuramente molto più incisivo nell’attuale modello di società.
In questo percorso, il Territorio ha fatto molti passaggi. E oggi farò un intervento molto locale e non nazionale, ma essendo un biellese preferisco stare coi piedi per terra. E parto con un esempio. Noi qui abbiamo creato trent’anni fa una delle prime società italiane che si è occupata di depurare le acque. C’era un problema – molti imprenditori che sono presenti in questa sala sanno bene che cosa significava per i finissaggi – e siamo arrivati primi, abbiamo realizzato due grandi depuratori. E avanti. Noi abbiamo costruito un ospedale nuovo all’avanguardia. Possiamo discutere (c’era un ragionamento sullo sviluppo della sanità, che può essere una delle gambe del rilancio territoriale) sulla scelta che abbiamo fatto di legarci al Polo universitario di Torino anziché a quello del Piemonte orientale. Allora ci fu anche un dibattito intenso a livello politico e di opinione e si scelse l’aggancio su Torino, anziché quello con Vercelli, Alessandria e Novara. Il tema ancora oggi è oggetto di dialettica, dibattito che serve a guardare al futuro: è un utile elemento di valutazione che va fatto.
Il Biellese ha scelto poi di non fare la Carisio-Biella: fu una sconfitta, ma non importa. E si sta lavorando sulle ferrovie, adesso la Biella-Santhià è elettrificata, l’impegno dovrà essere per la Biella Novara e la Pedemontana che apre per la prima volta un asse est-ovest,  un asse nuovo rispetto alla storia che era nord-sud, sud-nord.
Se guardiamo il percorso sulla mappa geografica sono evidenti i suggerimenti che ci pongono il tema di come oggi possiamo accompagnare il cambiamento.
Siamo in una fase di transizione complessiva, economica e demografica e il termine sostenibilità è trasversale e vale per tutti. E attorno alla sostenibilità la domanda oggi è come le generazioni attuali riusciranno a cogliere le opportunità che ci sono, così come le hanno colte i più illuminati biellesi un secolo fa. Guardate avanti perché il passato deve servire come lezione che ci viene dalla storia.
Ho copiato da Eco di Biella la domanda: il nostro territorio sarà capace di darsi un’altra opportunità?
Questa domanda e questa frase dicono tutto, ma è anche la sfida che noi abbiamo davanti perché, sui tanti fronti aperti, la società moderna non può fare a meno di crescere prescindendo dalla facilità di movimento delle persone, delle merci e delle comunicazioni. Siamo carenti sui primi due fronti, si sta lavorando per il cablaggio del territorio che può essere una grande occasione per il Biellese per conservare quelle molte sue parti in cui è rimasto incontaminato.
L’Italia ha modificato la sua carta costituzionale l’anno scorso nell’articolo 9 (tutela ambientale) e nel 41 (orientamento della libera scelta privata) ponendo nuove basi a quella che è la delega ministeriale di cui sono gestore pro tempore.
Questo significa andare a determinare un percorso intergenerazionale, avere il coraggio di pensare a chi verrà dopo di noi e cosa consegneremo loro.
Siamo un piccolissimo fazzoletto di terra ai margini della pianura padana. Ma la pianura padana, che è il motore del Paese, è il luogo dove la presenza di polveri sottile è la più alta d’Europa e questo costa moltissimo alla Repubblica Italiana in termini di infrazione alle direttive UE. Un’emergenza che ha un peso notevole, anche sotto l’aspetto di cosa consegniamo al futuro proprio per sviluppare quello che dev’essere un brand di salubrità dei nostri prodotti, prodotti diversificati nei vari settori produttivi. Questa emergenza va affrontata partendo dalla pianura padana fino a noi, qui.
E da come riusciremo ad imprimere la svolta ne conseguirà quel che consegneremo a chi verrà dopo di noi. Anche rispetto ad uno dei temi che mi è stato posto qui, al mio arrivo: non piove, dunque la siccità con tutto quello che comporta. Non riesco a far piovere, ve lo dico sinceramente, con tutta la buona volontà, ma con il nostro lavoro, proprio partendo dalla lezione della storia cui accennavo in principio, dobbiamo intervenire per consegnare al futuro da un lato il valore dell’imprenditorialità costruita nel territorio e dall’altro il valore di quelle che sono le bellezze naturali da salvaguardare. Il filmato presentato in avvio di convegno ha indicato i punti nevralgici di queste bellezze e di questa intraprendenza che corre da nord a sud: dal lago di Viverone alla grande industria piazzata a Trivero fino ad Oropa, quindi col senso non di fondo valle ma di un insieme omogeneo. Partendo da questa valutazione frutto del passato, credo che noi possiamo ragionare su uno sviluppo che abbia al centro la sostenibilità in un ambiente che non è stato rovinato nei passaggi dei secoli scorsi, creando le condizioni per mantenere la parte produttiva in simbiosi con la parte civile. E quando parlo di parte civile intendo la necessità di creare le condizioni per l’immigrazione, perché il dato sulle nascite e il decremento demografico è il medesimo di quasi tutto il nord Italia e si sta allargando anche al sud d’Italia. Quelli che resistono meglio hanno tassi di immigrazione più alti, hanno un movimento «va e vieni» più intenso. Perché, sì, non dobbiamo spaventarci se i giovani che frequentano Città studi poi vanno a lavorare in America, in Inghilterra o in Germania, ma dobbiamo avere altrettanti giovani che studiano in Inghilterra, in Germania, in America che hanno le opportunità di lavoro per venire nel nostro territorio.
È una società diversa quella che abbiamo davanti oggi, e questa società diversa deve partire dal creare nuove opportunità o dal saper cogliere le opportunità che ci sono nel modo migliore. Se il nostro territorio sappiamo avere una disponibilità di patrimonio edilizio civile enorme, oltre che quello industriale, inutilizzati, bisogna fare in modo che questo diventi un’occasione di rilancio anche rispetto alle opportunità che le sfide europee ci aprono.
Una di queste nel dibattito attuale è quella delle case green. Per le case green c’è ancora molto da fare, ma abbiamo chiesto all’Europa fin dal Governo Draghi di non darci gli ultimatum: siamo d’accordo sulle scadenze di adeguamento degli edifici al 2050, ma non dateci gli steep perché non potremo rispettarli. Realisticamente, guardate, con il 110% si è intervenuti su 360mila immobili. E gli edifici che dovrebbero fare il doppio salto di qualità sono però 3.5milioni. E se i termini sono perentori questa dimensione non sarà gestibile da uno Stato che ha già investito tante decine di miliardi per la prima casa. Ecco il perché della posizione dell’Italia. Che non è un NO al raggiungimento di quegli obiettivi, perché sono gli obiettivi di interesse di tutti.
Ma per questo territorio, che ha tanta disponibilità immobiliare – come raccontano i titoli dei giornali negli ultimi giorni – e che si trova a metà tra Torino e Milano, credo che l’opportunità dell’adeguamento degli edifici sia un’occasione che possiamo cogliere.
Credo che accanto a questo obiettivo si possa affiancare anche quella biodiversità che rappresenta un valore unico. Poco fa Anna Zegna mi ha parlato del carabo, insetto che si trova solo a Bielmonte, la cui battaglia per difenderlo accompagna quelli della Valle di Mosso fin da quand’ero bambino. La nostra sfida è quella di rendere sostenibile, compatibile, la presenza del carabo con quello che è lo sviluppo, in questo caso turistico, di Bielmonte e dell’alta Valsessera.
Questa dev’essere la nostra capacità, quella di consegnare, attraverso un patto intergenerazionale, un Biellese futuro che coniughi entrambe le esigenze.
Un grazie, grazie all’invito, e buon lavoro.

Gilberto Pichetto Fratin
Ministro dell’Ambiente e della Sicurezza energetica