Ermanno Rondi

Ermanno Rondi

Delegato al Capitale Umano Confindustria Piemonte

INTERVENTO

Best to live. Dobbiamo essere ambiziosi o non raggiungeremo gli obiettivi

Best place to live. Con questo messaggio, Ermanno Rondi, delegato al Capitale Umano di Confindustria Piemonte, ha aperto il suo intervento sabato a Città Studi. Perché – ha spiegato – «Dobbiamo essere ambiziosi o non raggiungeremo gli obiettivi».
Quando parliamo di best place to live, dobbiamo operare su tutti gli aspetti del vivere quotidiano: ambiente (natura e qualità urbana), opportunità di Lavoro (interessante e qualificato), ricerca e sviluppo (sostenibilità, qualità e circolarità), tempo libero (cultura, sport e svago), cura della persona (sanità, prevenzione, terza età) e specializzazione formativa (coltivazione dei sapere e dei talenti).
OCCUPAZIONE
Lo sapete che il totale della sola occupazione dipendente in Piemonte, oggi, è di 1.388.174 occupati? E che a Biella sono 56.510? Allora, cosa succederà nei prossimi anni?
Sull’occupazione nei prossimi anni, Rondi ha le idee chiare. «Volevamo avere dati affidabili – spiega Rondi – così siamo partiti dai dati certi, ovvero le persone che hanno raggiunto i sessant’anni di età nel 2020, perché da quest’anno, entrano nella fase pensionabile. In Piemonte ci sono 87.262 che andranno in pensione (probabilmente) quest’anno, 3.451 solo a Biella. La cosa drammatica, è che abbiamo circa il 12% di over60 in tutta la parte pubblica. L’industria va un po’ meglio, ma solo un po’ meglio. Questo significa che se qualcuno ha paura di non trovare lavoro nei prossimi anni, si sbaglia di grosso. Il problema, è che non avremo 87mila persone per sostituirle. In Piemonte non ci sono».
«La media degli over60 nell’industria Biellese, guardando i dati del periodo 2019-2020, è più di tre volte superiore di quella nel periodo 2011-2012. Le tipologie di attività che hanno la maggior percentuale occupazionale sono: l’industria tessile, la logistica/trasporti, le macchine, la chimica e l’alimentare, ma 12mila dipendenti, di cui 437 over60, il 53,5 % su 22mila dipendenti totali sono nel comparto tessile. Quindi, qualsiasi ragionamento vogliamo fare in futuro, dal tessile dobbiamo partire. Il resto delle attività cresce, è importante coltivarlo, ma anche se sommiamo tutti gli altri settori insieme, i numeri che otteniamo non si avvicinano ai numeri del tessile».
LA SITUAZIONE BIELLESE
I settori più critici dal punto di vista anagrafico, sono la logistica e le macchine. Pensate, che le prime dieci qualifiche nei contratti di lavoro stipulati nel nostro territorio, ci dicono che rappresentano il 64,4% del totale delle assunzioni.
È il dato peggiore del Piemonte in termini di tipologia dell’offerta di lavoro. Alessandria, che ha un tasso di industrializzazione molto inferiore, è al 27,7%, significa che ha un’offerta di lavoro più varia ed anche più qualificante. In sintesi, abbiamo una concentrazione di qualifiche di prima fascia e non abbiamo presenza di qualifiche tecniche medio/alte a differenza di tutti gli altri Territori. Questo è il grande problema del Biellese.
FORZE TRAINANTI CON POTENZIALE di CAMBIAMENTO
Guardando i quattro macro trend, ovvero climate change, nuova globalizzazione, nuovi modelli organizzativi e mercato evolutivo, scopriamo che sono forze con un enorme potenziale di cambiamento. Il cambiamento climatico da un lato crea rischi atmosferici, ma dall’altro ci mette di fronte ad un problema di sostenibilità che spinge verso l’economia circolare e la gestione dell’energia. La nuova globalizzazione, ci dice che alcune delle produzioni che sino a ieri si facevano nel Far Est si stanno avvicinando in aree geopolitiche più sicure e più vicine: le filiere di forniture cambieranno moltissimo e questa è anche un’opportunità per le nostre imprese. Infine, i nuovi modelli organizzativi necessari per rispondere alle sfide su produzione per piccole quantità, personalizzate e con risposte molto veloci, sono basati su digitalizzazione e tecnologie e richiedono investimenti, ma specialmente un capitale umano dotato delle conoscenze e delle aperture mentali adeguate a questa sfida. Il mercato sta vedendo il passaggio dei clienti da consumatori ad utenti, persone che, grazie al web, valutano e confrontano i prodotti, richiedono innovazione continua e servizi, giudicano le imprese che li producono anche rispetto ai loro comportamenti etici e sensibilità sociale. Ognuno di questi temi richiede una rivisitazione completa dei cicli e dei processi, ma hanno un minimo comun denominatore, si devono individuare le persone per poterlo realizzare e gestire e soprattutto avremo bisogno di personale con una formazione più ampia, profonda ed aperta verso il nuovo, più curiosa, per poter affrontare il cambiamento.
OPPORTUNITÀ DI LAVORO: LE PROPOSTE
In questo territorio ci siamo spesso persi nel racconto di opere che definisco «fuori contesto» (lo dico sapendo di attirarmi degli strali) come per esempio la ferrovia che da Biella raggiunge Oropa. Ne parliamo da anni. Ma dove li troviamo i soldi per realizzarla, e specialmente per mantenerla? Quindi se vogliamo fare qualche passo concreto parliamo di cose che possiamo realizzare e a costi gestibili.
Parlando quindi di economia circolare. Oggi viviamo in un territorio che culturalmente è già attento alla sostenibilità. Come ha ricordato il Ministro Pichetto Fratin, siamo stati tra i primi a realizzare i depuratori in Italia. Alcuni effetti della circolarità sono già presenti. Penso allo stabilimento della Coca Cola che è ripartito usando materie prime seconde; la plastica riciclata. Magnolab, un’attiva che parte in questi giorni sul riutilizzo delle fibre. Alcune tecnologie tessili per la riciclabilità delle fibre. Ed infine, abbiamo un protocollo per l’economia circolare attivo con la Regione. Cosa ci manca per chiudere il cerchio? Lo sviluppo di un progetto in cooperazione tra le imprese tessili per attivare un polo sperimentale (in collaborazione con A2A) di raccolta e generazione di materie prime seconde al fine del riutilizzo delle fibre. Questo tassello completerebbe il disegno della circolarità oltre a dare spazio a nuove iniziative industriali; saremmo il primo distretto circolare al mondo. Nel tempo si scoprirà che anche il modo di progettare e produrre cambierà, ma sarà un passaggio fluido. Senza questi passi affronteremo passaggi drastici.
Quando parliamo di modello organizzativo, dobbiamo tenere conto di due variabili: prodotto e processo Sul prodotto la strategia di qualità (l’alto di gamma), è stata percorsa da tutte le nostre aziende, sul processo siamo rimasti ad un modello che spinge la realizzazione dalla materia prima al prodotto finito, cosiddetto «push»; tutti altri settori stanno andando verso un modello di tipo pull, ovvero di produzione sulla domanda, con tempi di risposta molto bassi (la meccanica consegna entro 3 giorno dall’ordine) pur operando su una vasta gamma di referenze e garantendo flessibilità. Questo modello ha un nome: si chiama in gergo digital lean, nome difficile per ottenere un sistema semplice da gestire, ma per attivarlo ha bisogno di formazione e di apertura al cambiamento, di cultura tecnologica e organizzativa e di un sistema formativo che ci fornisca le persone in grado di comprendere il tipo di cambiamento e la capacità di realizzarlo.
Come? Una risposta è l’ITS, Istituto Tecnologico Superiore – Accademy, il nuovo modello di formazione la cui ultima strutturazione è stata approvata dal Parlamento nel luglio dello scorso anno.
Perché? Perché sono dei prodotti formativi adattivi alle caratteristiche delle PMI, non solo del nostro Territorio, percorsi concreti, con un imprinting pratico focalizzato sul fare, un percorso frugale senza fronzoli e con un approccio «understatement» con un corpo docente in simbiosi con le imprese ed inserito nel Territorio e con particolare attenzione alla ricerca applicata attraverso collaborazioni strutturate con gli Istituti del Territorio (vedi Cnr, Pointex…). Nel Biellese siamo messi bene, perché la Fondazione ITS – Tessile, Abbigliamento, Moda, che ha sede a Biella, è inserita in un network regionale e Nazionale. Ha raggiunto un ottimo grado di qualità, è riconosciuta da Indire con premialità annuali e la nuova legge sugli ITS sopra citata consente di pianificare una crescita importante. Ma non possiamo fermarci qua. Ha bisogno di una evoluzione. Prima di tutto la didattica: deve superare il modello frontale basato su un approccio nozionistico. Faccio un esempio pratico: quando un ragazzo fa un test si dice che non deve copiare. È una stupidaggine, perché in azienda se dai un compito a qualcuno non gli dici che non deve guardare sul web, cercare su un libro o chiedere consigli al collega. L’importante è che comprenda i processi, i modelli, i metodi, non è sufficiente avere (in testa) solo le nozioni. Questo è il primo passo di evoluzione. Il secondo è la tecnologia: dobbiamo avere un trasferimento continuo di conoscenza ed informazioni strutturato con centri di ricerca, Università e strutture che abbiano uno sguardo stabile sui trend, sulle innovazioni e trasferirle alle imprese.
E in ultimo, dobbiamo attivare dei workshop, dei momenti di confronto e scambio con Territorio ed Imprese sulle tematiche emergenti e/o di interesse. Infine diventare parte delle politiche attive del lavoro, come previsto dalla nuova legge sugli ITS, operando in particolare con Piemonte Lavoro per monitorare le esigenze di personale d’opera e le competenze da individuare in prospettiva. Ma gli ITS non sono solo orientati al tessile. Il sistema ITS Piemontese ha sviluppato corsi in diversi settori che rivestono interesse anche per il Biellese, in particolare: l’ICT, l’agroalimentare e la meccatronica. L’ICT è uno dei settori trasversali. Significa digitalizzare e sul nostro territorio ci sono molte imprese che lo stanno facendo ad alto livello: una su tutte è Banca Sella. L’obiettivo quindi è più coinvolgimento strutturato delle aziende del Territorio con gli ITS di riferimento (ICT, meccatronica, agroalimentare) e nel tempo attivazioni di corsi in loco emanati dalle Fondazioni di riferimento. Questo vuol dire crescere. Se non scommettiamo sulla formazione, in futuro non avremo le persone per far crescere le aziende di quel settore.
Chiudo infine con gli ultimi due argomenti: il primo è l’hospitality. Abbiamo degli elementi attrattivi sul Territorio molto forti con una natura amica (basso inquinamento, aree naturalistiche-montagna, la Bessa, la Baraggia, l’Oasi…), nuclei storico/culturali come il Ricetto, Oropa, i Santuari, i Castelli, l’archeologia industriale, Cittàdellarte. E allora che cosa fare? Abbiamo molte iniziative, ma con poco coordinamento per implementare una strategia di comunicazione ed attrattività misurata sull’incoming. Stiamo facendo tante cose, ma non le raccontiamo e per di più senza nessun coordinamento tra di loro. La politica del tempo libero, per cercare di «tenere» le persone che arrivano nel Territorio per lavoro. Ho avuto nella mia ex azienda molti giovani che se ne sono andati perché non sapevano cosa fare a Biella la sera, il sabato e la domenica. Poi è vero ci sono tante cose. Ma saranno tutte per i giovani? Secondo me no. E’ uno dei temi che bisogna affrontare. Infine l’open space market: abbiamo una ricchezza di prodotti, dal Tessile all’agroalimentare, tanti punti vendita aziendali sparsi per il territorio difficili da scoprire, soprattutto per un visitatore che arriva dall’esterno. Abbiamo un’opportunità: sfruttare un’area dismessa in città come l’ex Standa o l’ex Upim per realizzare un outlet aperto, anche di tipo temporaneo. Portare in un unico luogo i diversi punti vendita aziendali con una gestione ottimizzata dei costi (per esempio la cassa centrale egli affitti come commissione sulle vendite) favorirebbe la rivitalizzazione del centro cittadino e magari fermerebbero qualche pellegrino in visita ad Oropa. Queste sono proposte che non hanno bisogno di grandi investimenti e offrirebbero l’opportunità di un primo segnale di cambiamento concreto.
Ermanno Rondi
Delegato Capitale Umano Confindustria Piemonte