Severino Salvemini

Severino Salvemini

Economista e Professore emerito di Organizzazione Aziendale - SDA Bocconi

INTERVENTO

Per attrarre talenti dovete essere più tolleranti e puntare sulla cultura

Quando dovevamo preparare questo convegno, il moderatore Giovanni Orso mi ha detto: lei che è un economista, ci aiuti a parlare del rilancio industriale. L’intervento di Ermanno Rondi, che mi ha preceduto, credo sia più che sufficiente per capire quali possano essere i diversi quadranti verso cui andare per il rilancio industriale. Il tema, per essere molto semplici e anche molto concreti è: il rilancio di una città come Biella, passa attraverso le persone, le nuove persone, o passa attraverso la nuova industrializzazione? Sembrerà strano, essendo io un economista, ma secondo me, prima di tutto, passa attraverso le persone. Ed allora il dilemma è: passa attraverso i giovani o passa attraverso i senior o quella che viene chiamata la Silver Age? Passano attraverso sia gli uni che gli altri. Il moderatore ci invitava prima a non essere troppo teorici. Credo, che non ci sia niente di più pratico che una buona teoria. C’è un libro, che le persone che si occupano di studi urbani considerano un contributo teorico seminale, dell’americano Richard Florida, che è uscito all’inizio di questo secolo: L’ascesa della classe creativa, che sostiene, sostanzialmente, che la salute di una città passa attraverso l’attrattività dei talenti.
I talenti sono attratti da una serie di T: le nuove Tecnologie, la capacità talentuosa del talento stesso, e per valorizzare al massimo il marketing territoriale, la Tolleranza e la diversità. I talenti, sono quelli che portano nuova ricchezza, sono quelli che portano nuove competenze, sono quelli aprono nuovi business, che sicuramente portano nuove tecnologie, perché sono più digitalizzati anche rispetto alle classi precedenti. Si noti che per attrarre i nuovi talenti non è poi così fondamentale il basso costo della vita, che è una caratteristica del distretto biellese.
Il talento arriva sulla base di due condizioni: la prima condizione è che il territorio sia tollerante. Tollerante la diversità, tollerante la differenza (è stato usato molte volte dal presidente Franco Ferraris, prima, il termine inclusivo). Ecco, diciamocelo, Biella e il Biellese non sono così inclusivi. Il territorio ha puntato molto (e ha pagato nella storia) una esclusività legata alla verticalità, all’approfondimento di un certo tipo di comparto, alla monosettorialità tessile.
Gli esempi degli esclusi sono tanti (bisognerebbe interrogare chi si è sentito escluso), sia dal punto di vista sociale, sia dal punto di vista delle differenze: di genere, di etnia, di background professionale e così via. Insomma, il contesto non è mai stato molto tollerante nei confronti della diversità. E ciò è sicuramente un problema perchè la diversità e la varietà sono l’anticamera della innovazione e della continua trasformazione.
In questo momento nel mondo dell’economia, nel mondo della società complessa, vige ormai un paradigma importante che è quello che ognuno di noi dovrebbe essere (scusate la modalità un po’ da slogan pubblicitario): dovremmo essere e…e…., mettendo insieme dimensioni anche contradditorie e a volte paradossalmente discordanti. Invece di essere O – O, ad excludendum. Il Biellese è stato O – O. Se non eri tessile facevi fatica. Se non eri di qua facevi fatica, se non eri maschio facevi fatica. O rosso o nero. Vorrei citare una pubblicità, se qualcuno di voi la vista, una pubblicità non proprio immediatamente intuitiva: la nuova pubblicità dell’Eni. È curiosa, Dice: «Niente divide di più di una O, niente include di più di una E». Il messaggio è questo. Noi dobbiamo essere E – E. Quindi, mettere insieme con tolleranza quello che magari potrebbe essere o è stato meno conveniente dal punto di vista del genius loci tessile. E i famosi talenti, quelli che arrivano da fuori, questa tolleranza, questa diversità, l’apprezzano, l’apprezzano molto. E apprezzano anche la seconda dimensione che è ancora più fondamentale – secondo me -, il tema dell’offerta culturale. Prima, Ermanno Rondi diceva che riesce ad attrarre, anche dal punto di vista remunerativo, certi ragazzi. Poi arrivano qua e scoprono un’offerta culturale, un po’ sbiadita, sicuramente non frizzante.
Ricordatevi che nel mondo del mercato culturale non è la domanda che tira, è l’offerta. Se il mercato culturale viene trainato dalla domanda, la cultura si appiattisce verso il basso. E’ la parabola di una offerta culturale di alto livello che effettivamente tira su l’educazione delle persone. I nuovi talenti arrivano se l’offerta culturale è alta, è spumeggiante, è frizzante, non è particolarmente dispendiosa. Inutile andare a riprendere il discorso che la cultura non conviene o con la cultura non si mangia. La cultura non è semplicemente intrattenimento, svago. La cultura vuol dire, «gli input cognitivi che vengono interiorizzati, incorporati all’interno dei prodotti o dei servizi della nostra economia».
Quindi la cultura è maledettamente conveniente, non è un altrimenti. Ben venga la filantropia, il mecenatismo che aggiungono al mercato culturale un rilevante valore aggiunto, ma per il mondo dell’economia, in particolare in Italia, in particolare con il Made in Italy, gli input culturali sono fondamentali. Per essere massimamente concreti, anche correndo il rischio di essere troppo riduzionistici adesso vi dico quale potrebbe essere – secondo me – l’offerta minima culturale per attrarre i talenti da fuori. Cose semplici, banali, poco costose: presentazione di libri con autori, gruppi di lettura (in questo momento sono diffusissimi dappertutto), occasione di produzione culturale in prima persona, masterclass su arte, cinema, musica, architettura e fotografia, proiezioni cinematografiche con il valore aggiunto del commento di persona di tecnici, attori, registi e così via…, musica e momenti di ascolto, presenza di sale prove per i giovani, occasioni gastronomiche sia di tipo canonico sia di tipo innovativo, dal punto di vista culinario. Tutte cose sviluppate non per le persone, bensi’ occasioni dove le persone si sentano protagonisti in prima persona. E occasioni dove si esprimono contaminazioni su questi temi tra la generazione più anziana e la generazione più giovane. Cose semplici che ci dicono, però alla fine, che la cultura riesce ad attrarre delle persone, che i talenti arrivano non solo per le bellezze naturali ma anche perché poi non vengono persi una serie di stimoli che invece si trovano da altre parti e chiudo il mio intervento con questa domanda: Quanti nuovi talenti vecchi e giovani sono arrivati a Biella in un anno numericamente parlando? Perché sono arrivati? E l’altra domanda è: perché non sono arrivati?
Se andiamo a vedere perché i talenti non arrivano, vedrete che la gran parte non è se ci sono le condizioni industriali per attrarli dal punto di vista dell’offerta di lavoro, no! È che il contesto sociale con cui poi le persone si misurano in termini di gruppi, di amicizie e così via… è un contesto sociale vivace oppure no e che consente di mantenere alto il livello di stimolo culturale, almeno allo stesso livello dei luoghi da cui sono partiti.
Severino Salvemini
Economista e Professore emerito di Organizzazione Aziendale – Bocconi